Johann Gottlieb Fichte - Idealismo Etico


Nato 1762 deceduto nel 1814. Nato da una famiglia di contadini poverissimi, sognava di diventare sacerdote. Aiutato economicamente da un signore del villaggio, riesce a compiere i suoi primi studi nel celebre collegio di Pforta. A diciotto anni inizia a frequentare l’università, per guadagnarsi da vivere fa il precettore in case private in Germania e in Svizzera. I molti disagi, le sofferenze, lo studio serio e rigoroso rafforzano il suo carattere e il suo spirito. Legge le tre Critiche di Kant, da cui resta affascinato, specialmente per il riconoscimento del valore assoluto della libertà del soggetto che trova nella Critica della ragion pratica. Accusato di ateismo in seguito alla pubblicazione nel “Giornale filosofico” di un articolo in cui identificava Dio con l’ordine morale del mondo, Fichte è costretto a lasciare Jena e a recarsi a Berlino, dove frequenta alcune delle personalità più rappresentative del Romanticismo tedesco, tra cui Friedrich Schlegel e Schleiermacher. Mentre Berlino era sotto l’occupazione delle truppe napoleoniche, pronuncia proprio in quella città i Discorsi alla nazione tedesca (1807-1808), in cui invita i tedeschi a insorgere contro lo straniero, proponendo una nuova forma di educazione incentrata sull’amore per la libertà e la rivendicazione del primato del popolo tedesco, un primato da intendersi in senso spirituale e culturale. Intanto la sua fama cresce di giorno in giorno e, quando nel 1810 viene istituita l’Università di Berlino, Fichte è chiamato a insegnarvi e a ricoprirvi anche la carica di rettore. Negli ultimi anni il filosofo integra l’interesse etico con un nuovo afflato mistico-religioso, che lo porterà a definirsi «sacerdote della verità». Muore di colera nel gennaio del 1814, all’età di cinquantadue anni.

Fichte, se il mondo dell’esperienza possibile è quello della rappresentazione (quello che Kant indica come il mondo fenomenico), non si può ammettere nulla al di fuori del soggetto stesso. Quest’ultimo, poiché nella prospettiva fichtiana non è più limitato da una presunta realtà noumenica, è pertanto assoluto e infinito. I Fondamenti dell’intera dottrina della scienza, l’opera più importante di Fichte, hanno il compito di spiegare come, posto l’Io quale principio originario e incondizionato, da esso si possa derivare tutta la realtà sia dal punto di vista conoscitivo sia dal punto di vista materiale. L’idealismo, negando una realtà esterna e indipendente dall’uomo, e affermando l’infinità del soggetto, è la filosofia che meglio ne esprime la totale incondizionatezza. L’Io, infatti, può essere considerato libero nella misura in cui non è secondario né dipendente da un mondo di cose esterne, ma viene visto come originario, ossia come il principio da cui il mondo trae non solo il suo “significato” (la sua “forma”), ma anche la sua stessa “realtà”.

La conseguenza fondamentale della svolta idealista, secondo Fichte, è che proclamando l’assoluta libertà del soggetto si apre la possibilità di una piena realizzazione dell’impegno etico. Questa tesi viene espressa dal filosofo nella Prima introduzione alla dottrina della scienza (1797), in cui egli riconosce l’idealismo e il dogmatismo come i due sistemi filosofici a cui possono essere ricondotti tutti gli altri. L’individuo fiacco e inerte, infatti, sarà per natura orientato verso il dogmatismo, il quale, considerando la soggettività come dipendente dalla realtà esterna, conduce a una visione materialista e determinista che riduce l’autonomia dell’io. L’individuo attivo, dinamico, intraprendente, viceversa, sarà attratto spontaneamente dall’idealismo, che afferma l’infinità dell’Io e la sua assoluta sovranità. 

L’Io di Fichte non è immobile né statico; in quanto anelito verso la libertà, è spirito, infinita tensione verso un’ideale meta di perfezione. L’Io fichtiano è “creatore” proprio perché conferisce senso e realtà al mondo il quale, diversamente, non potrebbe esistere. Il fondamento di ogni realtà è pertanto l’Io puro o spirito, un processo creativo e infinito che si articola in tre momenti essenziali: tesi, antitesi e sintesi. Nel primo momento, quello basilare e originario della tesi, «l’Io pone se stesso», cioè si rivela come attività autocreatrice. Tale principio non può essere oggetto di dimostrazione né di deduzione, ma solo di un’intuizione intellettuale originaria che coglie l’identità dell’Io con se stesso (Io = Io). In questo caso, osserva Fichte, non si tratta soltanto di un principio logico (come A = A), ma di un principio ontologico, in quanto è l’Io stesso a creare la propria essenza costitutiva. L’Io puro non è dunque una “persona” o un principio sostanziale e statico, ma incondizionata attività creatrice che ha immediata e intuitiva consapevolezza di sé. Nel momento in cui si afferma, l’Io si determina e, determinandosi, si distingue e si contrappone al diverso da sé: «l’Io pone il non-Io». Siamo così al secondo momento, quello dell’antitesi, in cui l’Io puro deve necessariamente opporsi a un non-Io, in quanto, essendo suprema attività, ha bisogno di qualcosa di altro da sé per realizzarsi. Il non-Io costituisce la natura intesa in senso generale come il “regno dei limiti” e, in questo senso, comprende anche il nostro corpo e le nostre sensazioni, che sono materiali e privi di ragione. Il fatto che l’Io, avendo posto il non-Io, si trovi a essere limitato da questo, dà origine al terzo momento della vita dello spirito, quello della sintesi, che si riferisce alla concreta situazione del nostro essere nel mondo, in cui si fronteggiano una molteplicità di cose (non-Io) e una pluralità di persone, che Fichte definisce «io finiti». Tale principio afferma: «l’Io oppone, nell’Io, all’io divisibile un non-Io divisibile». Ciò significa che, avendo posto il non-Io come antitesi indispensabile alla sua attività, l’Io si particolarizza nei singoli io empirici e finiti che costituiscono il mondo e la sua molteplicità, e quindi si trova a esistere “concretamente”

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